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al testo di Annalisa Scialpi
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Venni per ucciderti, per farti uccidere da lui, di cui ora non ricordo più il nome; lui che era principe, lui col sole negli occhi, lui che era biondo e aveva le unghie pulite.
L’incendio di te mi espropriava, feroce, ma io non sapevo verso quale mare stavo precipitando.
Prevedibile era il viaggio di Teseo -ah, ora ricordo!- Quasi certo. Salda, così mi sembrava, la nave.
La notte prima del misfatto mi tappai le orecchie per non sentire i tuoi ruggiti. E non osai chiamarti fratello o amato non osai confessare di quali inenarrabili incendi si ustionava il mio corpo sull’effige nelle carni scolpita dal tuo odore.
Bestia, ti chiamavano, ingorda e assassina. Ed io stessa vidi il sangue sulla tua insaziata bocca. E colma di spavento, mi unì a chi ti urlava contro.
Immondo, cosi ti dicevano, sputando sul tuo nome.
Ed io selsi Teseo, il delitto maggiore.
Ma non potei mai cancellare l’arena.
Il labirinto era la nostra arena, mio amato ed io acqua che danza, ininterrotta, colma di segreti.
Colma di te.
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